
I Quindici, children books. Data: 2004 – Fonte: Opera propria – Autore: Seghene
Ebbene sì lo confesso: sono anche io una delle molte appassionate del “fai da te”, di quella creatività cioè capace “di sommare due e due ottenendo cinque”, per dirla prendendo in prestito le parole dell’ epistemologo della creatività, lo scrittore e filosofo ungherese Arthur Koestler .
Ma citazioni a parte proprio questo inizio anno navigando in rete, alla ricerca di nuovi spunti e suggerimenti per la mia creatività, mi sono imbattuta in un vecchio post del 2009, pubblicato in questo blog per appassionate di lavori manuali, dedicato ad un’enciclopedia molto diffusa negli anni “60, “I Quindici”.
Parliamo dell’edizione italiana dell’americana “Childcraft – The How and Why Library”, un progetto editoriale nato negli anni “30 con lo scopo di insegnare ed educare divertendo, bambini fino ai 10 anni.

Copia della enciclopedia americana “Childcraft – The How and Why Library” da cui è stata tratta la versione italiana ” I Quindici, i libri del come e del perchè”
L’enciclopedia inizialmente era formata da soli sette volumi, che divennero però quindici nel 1950.
Perciò al suo arrivo in Italia, negli anni ’60, l’opera prese il nome de “I Quindici: i libri del fare e del sapere”, ognuno dedicato a un argomento. Fra i più gettonati c’era “fare e costruire”, oppure “racconti e fiabe” oltre al volume “come si fanno le cose”.
Insomma una vera manna, per stimolare la fantasia e la creatività educando al piacere dei lavori manuali, oltre che della scoperta e della conoscenza. Infatti ben presto I Quindici diventò un successo editoriale straordinario, capace di attraversare il tempo, coinvolgendo più generazioni all’interno delle stesse famiglie.
Scorrendo i commenti al post infatti ho scoperto le emozioni di chi ha sognato, giocato e imparato attraverso quei libri. I ricordi di intere generazioni, quando i bambini non avevano i tablet o gli smartphone ma la tivù dei ragazzi , leggevano il Corriere dei Piccoli (poi quello dei Ragazzi) e andavano a letto dopo Carosello,
I Quindici sono stati lo strumento attraverso cui si è formato il gusto per il sapere di questa generazione dei primi anni 60. Gli stessi che da adulti inaspettatamente si commuovono travolti dai colori, dai ricordi e dagli odori della propria infanzia, rivedendo su un blog le foto di quei libri, compagni di gioco e di mille fantasie.
Uno strumento però capace di parlare anche a diverse generazioni di bambini. Infatti quei volumi passati ai figli e a volte addirittura ai nipoti, hanno rivelato di volta in volta, come la magia di una comunicazione fatta per i bambini, con parole semplici e chiare, attraverso un vocabolario ristretto e diretto, proprio come quello che usano i bimbi, possa attraversare il tempo, continuando a emozionare e far sognare bambini appartenenti a mondi lontani fra loro.
I Quindici hanno attraversato gli anni ’60, del benessere per tutti che passava dal frigorifero, alla macchina fino alle enciclopedie, simbolo di emancipazione culturale, per arrivare agli anni ’80, quelli dell’edonismo reaganiano, del Riflusso, dei paninari e degli yuppie della Milano da Bere.
Sono diventati così una vera e propria macchina del tempo in grado di comunicare con le diverse generazioni di piccoli lettori.

DeLorean la “macchina del tempo” del film “Ritorno al Futuro”
Alla base di questo sorprendente risultato due fattori. Il primo sicuramente la qualità del prodotto stesso, alla cui realizzazione contribuirono figure di primo piano.
Nel mondo dell’illustrazione degli anni “60 troviamo artisti del calibro di Andy Warhol e Maurice Sendak mentre tra gli autori di racconti e poesie ci sono nomi come Italo Calvino e Gianni Rodari, oltre ad altri grandi della letteratura italiana quali Giuseppe Ungaretti, Giovanni Pascoli e Aldo Palazzeschi.
Ma il secondo determinante fattore è stata senz’altro la vendita, anche se certamente non come la intendiamo noi oggi. Nei primi anni “60 suonava alla porta un venditore, solitamente ben vestito, con la sua ventiquattrore piena di libri freschi di stampa, che mostrava con un’aria mista di soddisfazione e sufficienza a intimorite mamme-casalinghe e nonni diffidenti, spiegando come quei libri fossero indispensabili per lo studio dei bambini. E se ancora non sapevano leggere poco male: le bellissime e grandi illustrazioni avrebbero permesso anche ai più piccoli di comprenderne i contenuti.

Illustrazione della famosa favola di Italo Calvino “Zio Lupo” tratta dal blog http://almacattleya.blogspot.it
Più che di venditori si trattava di piazzisti e piuttosto che di vendita si parlava di tentata vendita. A farla da padrona era la legge dei grandi numeri: bussando a decine di porte ogni giorno aumentava la possibilità di chiudere una vendita, rateale ben inteso. Erano ben al di al da venire le strategie di marketing o le elaborate tecniche di persuasione che oggi ci sembrano a volte fin troppo familiari!
Era l’era del boom economico e davanti al venditore ed alle relative aziende mandanti, si estendevano vaste praterie di potenziali clienti che stavano appena scoprendo il “gusto” del consumo. La posizione sociale passava dal possesso di cose concrete, avere il televisore, il frigorifero e la lavatrice, equivaleva ad aver salito un gradino nella scala sociale, quindi il mercato era decisamente orientato alla vendita.
Nessuna azienda in quel momento si poneva il problema di fidelizzare i propri clienti. Del resto ce n’erano così tanti da soddisfare che il problema non esisteva. Perciò la strategia secondo cui si muoveva il nostro piazzista di enciclopedie, era semplicemente quella della copertura territoriale, piuttosto che la vendita di ulteriori prodotti o servizi ai clienti acquisiti. Anche perché di prodotto, a ben vedere ne aveva solo uno da vendere.
Eppure quel singolo prodotto, senza nessun loyalty program e tanto meno qualche iniziativa di customer satisfaction, è stato capace di fidelizzare almeno tre generazioni di clienti, attraverso l’incredibile volano messo in moto da decine di venditori/piazzisti che hanno coperto palmo a palmo il territorio, in modo capillare oltre che grazie al suo grande valore intrinseco.
Senza una così capillare azione di vendita “a tappeto”, che ha comunicato a un grande numero di clienti lo straordinario valore de “I Quindici”, generazioni di bambini non ne avrebbero potuto usufruire.
«I Quindici (…) non è un trattato né un’enciclopedia, né un sillabario, né un manuale scolastico. Tuttavia i vostri bambini e fanciulli troveranno in essa la realtà nei suoi molteplici aspetti e impareranno innumerevoli cose: impareranno, speriamo, a leggere meglio, cioè a raccogliere, con intelligenza, esatte nozioni e buone emozioni. […]I bambini desiderano veramente apprendere e capire. Non è forse vitale che essi imparino, come e meglio del papà, della mamma e dei fratelli maggiori, se questo è appena possibile?” ». (Da I Quindici vol. 1 pag. 6)
È questo il valore squisitamente etico di quest’opera, educare divertendo. Trasferire il gusto della conoscenza grazie al gioco e al coinvolgimento, le emozioni e la fantasia alle future generazioni. Gli stessi ideali di emancipazione e riscatto sociale che spingevano molti contadini e operai a frequentare corsi serali, per conseguire un diploma che li avrebbe distinti dalla massa analfabeta, quell’ istruzione desiderata per garantire un futuro migliore ai propri figli.
Ideali etici racchiusi in un’opera editoriale per ragazzi, venduta da piazzisti che avevano l’unica strategia di bussare a più porte possibili. Un inaspettato successo basato su qualità elevata e vendita capillare, che ha trasformato un’enciclopedia in una vera e propria macchina del tempo, in grado di far viaggiare valori, ideali, cultura e sogni attraverso oltre trenta anni di storia.
Chissà se quel distino signore sulla sessantina, che bussò a casa dei miei un pomeriggio del 1968, con il suo vestito grigio e la valigia piena di libri colorati, avrà mai pensato di essere un pilota della macchina del tempo?
Probabilmente no, eppure grazie alla sua vendita attraverso gli anni ho scoperto il gusto per il fai date, il piacere della lettura, la passione per i viaggi e le scoperte, oltre a chissà quante altre cose che ora nemmeno mi vengono in mente.
Ecco perchè, all’inizio di questo Nuovo Anno, vorrei augurare ad ognuno di noi, prima ancora di riuscire a vendere il più possibile o acquistare i migliori beni o servizi, di essere in grado di trasferire valori capaci di attraversare il tempo e renderci migliori.
Mi auguro che sapremo nutrirci di quei sentimenti che sono il vero “cibo porta fortuna” di cui abbiamo realmente bisogno, per affrontare nel modo migliore questo anno, ricco di meravigliose opportunità che ci attende.