Con l’ultimo DPCM del 10 Aprile sono state prorogate fino al tre maggio le misure di contenimento per sconfiggere il Coronavirus, in vigore ormai da un mese.
La parola d’ordine continua ad essere #iorestoacasa.
il virus, insensibile al nostro bisogno di contatto umano, sordo a qualsiasi esigenza economica, spietato nel toglierci ciò che fino a ieri abbiamo dato per scontato, ci sta costringendo a un isolamento forzato.
Una condizione mai sperimentata, nella quale riscopriamo il valore di ciò che abbiano perduto e forse avevamo dato troppo per scontato.
Fino a ieri, il like su un Social Media spesso contava più dell’opinione di un amico. Al ristorante ci si incontrava, ma si preferiva chattare sullo smartphone, anziché guardarsi negli occhi e parlare.
Da domani, quando l’emergenza sarà finita, niente sarà come prima.
Per questo forse, il virus ci offre l’occasione per riflettere su come desideriamo che sia il nostro futuro. A partire da quelle piccole cose in parte perdute, ma sicuramente da valorizzare, per quello che ne rimarrà.
Le statistiche ci dicono che in media spendiamo sei ore al giorno navigando su Internet, sui Social Media e guardando video. A questo tempo si devono aggiungere le ore che usiamo PC smarthone e tablet per lavoro.

Paradossalmente, nel momento in cui possiamo dialogare solo virtualmente, riscopriamo il bisogno di incontrarci, parlare a viso aperto e perchè no, stupirci anche di fronte a una nuova sensibilità collettiva, finora assopita.
In poche parole: Internet e Social Media non ci bastano più.
Iniziamo a fare appello a quella solidarietà, a quel bene comune, che spinge ognuno ad abbandonare schermo e tastiera, uscire dalla propria “zona di confort” per fare la propria parte.
Perchè è questa la strada che ci consentirà di salvare e di salvarci.

Siamo stati colti impreparati da un virus sconosciuto, entrato a gamba tesa nello scorrere frenetico della nostra quotidianità.
Tutti gli accessi ai nostri stili di vita sono stati sbarrati, costringendoci a ridefinire un nuovo ordine nella piramide dei bisogni, demarcando la netta separazione tra ciò che davvero è indispensabile, riscoprendo l’essenziale.
Parlare, intendersi, dialogare, fare fronte comune per trovare nuove soluzioni, recuperare un confronto reale, non segnato dall’artificiale e dall’immaginario.
Perchè è il rapporto con l’altro, autentico e diretto che riesce a farci sentire più arricchiti ed empatici, come stiamo riscoprendo in questi giorni.
Sicuramente è diverso dall’ottenere un like.

Tuttavia, anche se sembrano avere un sapore antico, sono le relazioni personali, quelle da cui nasce l’empatia e la indispensabile solidarietà, per uscire dalla crisi che viviamo e da quella che ci attende nella seconda fase.
Del resto già Aristotele diceva che l’uomo è un animale sociale, dunque ha bisogno di relazionarsi con i propri simili.
Quindi il virus che, ignorando ogni confine, ci ha costretto nelle nostre abitazioni , per contro ci sta dando la possibilità di uscire dalla “scatola virtuale” nella quale stavamo vivendo, per riappropriarci di questo concetto.
Inoltre, Il virus ha stabilito una specie di “democrazia virale”, dove ogni Paese in questo mondo globalizzato, scopre di correre gli stessi rischi.

Infatti al momento nessuno ha una soluzione definitiva, indipendentemente dal PIL o dal livello del debito pubblico.
Scopriamo così come la nostra storia di vita, individuale o collettiva, si lega, si rispecchia e si arricchisce in quella dell’altro.
E’ un ciclo virtuoso in cui ognuno scopre di avere bisogno dell’altro, che sia una persona o uno Stato. Nessuno potrà farcela senza l’altro, perchè il contagio non si ferma alla frontiera e non ha riguardo per la qualità delle persone.
I telegiornali ci raccontano di come le misure adottate prima dalla Cina e in seguito dall’Italia, siano state gradualmente adottate più o meno velocemente dagli altri Paesi.

Far tesoro di questa comune esperienza, diventa un’occasione per sentirsi davvero parte di una stessa collettività e abbattere le barriere.
La Pandemia è l’opportunità per rigenerare i canali fondamentali della socializzazione, nel tentativo di riuscire ad esprimere empatia e socialità, non accontentandoci più di comunicare in modo superficiale.
Il virus ci costringe, nostro malgrado, ad una presa di coscienza: accettare l’idea che oltre a noi stessi esiste “l’altro” e non solo come interlocutore virtuale.
L’altro che in questa emergenza sanitaria si è concretamente manifestato nelle categorie più fragili, quelle a rischio, i malati, gli anziani, volontari, medici e infermieri in prima linea.
Gesti di responsabilità comune come lavarci le mani ed evitare baci e abbracci, intrecciano il nostro bene a quello degli altri, in un legame a cui forse non eravamo più abituati a pensare.

Emerge, con la paura del contagio, la consapevolezza di come ognuno di noi, nella singola goccia della propria esistenza, contribuisca a formare il mare!
La nostra percezione delle cose forse sta mutando.
Forse è giunto il momento per un cambio di passo. Un nuovo modo di esprimere le proprie esigenze in un pensiero sostenibile a tutto tondo.
Noi, l’altro, ciò che circonda, formiamo un tutt’uno. Non può esistere la società senza l’individuo, non esiste un individuo che non abbia bisogno dell’altro e dell’ambiente in cui vivere.
Il fatto che in queste drammatiche settimane sia sceso drasticamente l’inquinamento atmosferico in Cina ma anche in Italia, come riportato dai satelliti della Nasa, ci fa riflettere molto.
Il virus ci sta dimostrando che in mancanza di un intervento umano è la natura a provvedere e quando Madre Natura prende il controllo, l’uomo si scopre in tutta la sua fragilità.
Perciò, forse questa pandemia può diventare lo stimolo, per ritrovare la via maestra verso una responsabilità collettiva.
Perchè accada realmente occorre avere il coraggio di guardare avanti, pensando di costruire insieme un futuro migliore in cui vogliamo vivere.
Per noi e per le generazioni a venire.

Un nuovo modo di pensare, per realizzare più benessere nelle nostre vite e in quelle degli altri. Dalla cura del nostro pianeta, alla cura dell’uomo e della nostra società.
In questa emergenza ci stiamo riscoprendo tutti più forti sia come singoli individui sia come comunità.
Sicuramente la scienza troverà il vaccino per il Coronavirus …noi stiamo mettendo a punto il vaccino più importante: quello della Consapevolezza, dei sentimenti ritrovati verso l’altro, del nuovo senso di responsabilità collettiva.
“#Uniti ce la faremo” mettendo in campo un nuovo modo di pensare!