“La bellezza salverà il mondo”. Probabilmente Dostoevskij aveva in mente ben altro quando scrisse la famosa frase. Eppure nella moderna società dell’immagine, del fashion, del “cool” e del “trendy” a tutti i costi, sembra più che mai attuale.

Fedor Dostoevskij Ritratto del 1872 ad opera di Vasilij Perov (Galleria Tret’jakov, Mosca).
Si perchè sempre più aziende, anche nella moda e nella cosmetica, stanno scoprendo che “etico è bello” e per giunta conviene! Si è cominciato a comprendere, dati alla mano che il mito della neutralità del business, delle strategie di impresa rispetto alla morale, alla responsabilità sociale era un falso mito.
Aziende che hanno agito in questa direzione, senza considerazione per le conseguenze sociali delle loro azioni oggi subiscono un calo di considerazione sociale, (leggi reputazione), che si trasforma in perdita secca di fatturato.
Tutti ricordiamo scandali come quello dei bond argentini, il Flop della Enron o per parlare di casi nostrani gli scandali Cirio e Parmalat. Ma la lista potrebbe continuare, toccando i più disparati settori dall’automotive all’industria, si pensi all’Ilva di Taranto piuttosto che alla Thyssen-Krupp, per citare solo i casi più noti e recenti.
Fatti che hanno sensibilizzato sia esperti di marketing che il management da un lato, gli stessi consumatori dall’altro, evidenziando l’urgenza di adottare nuove strategie e modelli di business alternativi. Pena rinunciare a interi segmenti di mercato e subire perdite di profitto così rilevanti da non avere termini di paragone negli ultimi decenni.
La dimensione del problema è diventata così grande che la Dow Jones, società che elabora l’omonimo famosissimo indice di borsa, ha elaborato un indice specifico, per misurare i risultati aziendali in chiave di CSR .

Pagina dell’indice di sostenibilità delle imprese- cliccare qui o sull’immagine per aprire il collegamento
Più di recente, nel 2013 è nato Mevaluate Holding, che ha inventato l’unita’ di misura della reputazione e il rating reputazionale, ricevendo ben 43,5 milioni di euro per svolgere ricerche on line in merito.
Ma il dato che fin d’ora emerge dall’analisi di questi indici è che le imprese con i modelli di business più attenti alla CSR dunque all’impatto sociale e più ispirate a modelli etici e sostenibili, sono fra quelle che ottengono le migliori performance economiche oltre ad essere le più competitive.

Mevaluate Holding. con il Consorzio Petras (9 Universita’ del Regno Unito e imprese internazionali del calibro di AT&T, CISCO, Toshiba, Telefonica, BT) si e’ aggiudicato un finanziamento di 43,5 milioni di euro per valutare l’etica delle aziende on line.
Ma è vero anche il discorso inverso. Le imprese poco sensibili agli aspetti morali, ad esempio, per iniziare a parle di moda e abbigliamento, la Nike, hanno avuto un forte calo d’immagine, con il conseguente danno alle vendite, a causa delle pessime condizioni di lavoro in alcune delle loro fabbriche.
L’impresa ch utilizza un modello di business etico coglie i benefici della circolarità relazionale esistente fra obiettivi economici ed etica, riuscendo a posizionarsi in una situazione di maggiore competitività. Il risultato ultimo si traduce in un vantaggio competitivo. Un elemento essenziale per battere la concorrenza. Si tratta tuttavia di un risultato non imputabile alla migliore allocazione delle risorse, piuttosto alla scelta della strategia migliore dal punto di vista etico. In altre parole alla cura della relazione di fiducia che è indispensabile costruire sia con i propri clienti sia con i dipendenti, in modo da poter migliorare l’efficienza e offrire prodotti o servizi etici traducibili, non in teoria ma concretamente, in risorse economiche, come ad esempio la reputazione aziendale.

Lush, azienda cosmetica inglese che adotta un modello di business basato sull’etica, Oggi conta 11.000 dipendenti in 49 Paesi e oltre mezzo miliardo di sterline di fatturato.
Un caso emblematico, in un settore come quello della cosmetica, in cui la discussione in merito alla necessità o meno di testare i prodotti sugli animali e più che mai vivace, è rappresentato da Lush.
Il suo core business è costituito da prodotti cosmetici esclusivamente naturali, e non testati su animali, venduti solo on line. Nata come piccolissima azienda della provincia inglese circa venti anni fa, si è trasformata in un gruppo internazionale che conta 11 mila dipendenti e oltre mezzo miliardo di sterline di fatturato nel 2015, una catena distributiva formata da 900 negozi in 49 Paesi.
I punti di forza del marchio sono prodotti esclusivi, che spesso non hanno concorrenti diretti, a cui si aggiunge un modello di business molto diverso da quello dei suoi competitor, le multinazionali della cosmesi.
Rispetto alla concorrenza che ha optato per l’elevata automazione, tutti i prodotti Lush sono prodotti a mano, utilizzando materie prime naturali come frutta e verdura fresche. Inoltre il packaging è ridotto all’ essenziale, se non del tutto assente, per ridurre l’impatto ambientale e nessun prodotto è mai stato testato su animali, prima ancora della entrata in vigore delle recenti più restrittive norme europee in materia. Quindi come pura scelta etica.
Scelte che hanno consentito anche abbattimento di molti costi legati alla pubblicità e promozione. Si pensi ad esempio all’ incidenza del packaging che può variare da un mínimo del 30 fino a oltre il 60% del costo del prodotto.
Anche la scelta del canale distributivo, in cui uno spazio è riservato ad accordi etici, con produttori di Paesi in via di sviluppo, o il sostegno a progetti per fermare i test sugli animali. Un modello di business che ha consolidado nel 2015 una crescita del 21% e si prepara a sbarcare su nuovi mercati internazionali.

Logo miomojo s.r.l. clicca qui o sull’immagine per collegarti direttamente al blog aziendale aziendale
Anche il mondo della moda mostra una rinnovata sensibilità verso i temi etici e la responsabilità sociale. Emblematico il caso di Miomojo, azienda italiana della provincia di Bergamo, produttrice di borse e accessori che ha deciso di coniugare etica ed estetica.
la sua nuova linea infatti, disponibile in edizione limitata, al posto di cuoio e pelle è realizzata in materiali resistenti ma cruelty-free. Vengono impiegati materiali di recupero come il poliestere ricavato da bottiglie di plastica materiali naturali quali il lino e la canapa. Una scelta in linea con l’impegno sociale che porta avanti da diversi anni, e che promuove anche attraverso la nuova linea fornendo un valido sostegno ad Animals Asia, organizzazione non profit che promuove il rispetto verso tutti gli animali, con l’obiettivo di creare cambiamenti a lungo termine.

Limited Edition Miomojo for Animals Asia – da “La Stampa” del 29/1/2016 – cliccare qui o sull’immagine per lo articolo completo
I modelli, a dispetto del prezzo molto contenuto, sono frutto di un design ricercato, e caratterizzati da elevata qualità delle finiture. Inoltre l’acquisto di ogni capo o accessorio ha un risvolto etico. perché Miomojo devolverà il 20% di ogni vendita ad Animals Asia.
Ma non è tutto qui, infatti la collaborazione con grandi dettaglianti internazionali a cui è affidata la distribuzione del marchio, ha consentito di sostenere diversi progetti. Nel 2012 il finanziamento di un team di oculisti volati in alcuni centri di soccorso in Cina e Vietnam, mentre ad esempio nel 2015 la realizzazione di pompe di acqua a Nanning e un contributo importante alla campagna promossa da Animal Asia a livello internazionale contro lo sfruttamento degli animali nel settore dello spettacolo e intrattenimento.
La sensibilità verso i temi etici sembra aver toccato anche Pitti Bimbo, kermesse fiorentina dedicata alla moda pe i più piccoli, conclusa lunedi scorso dove personaggi dello spettacolo come Melissa Satta, Elisabetta Canalis o Federica Fontana, tutte diventate recentemente mamme, hanno promosso tematiche sociali o iniziative benefiche come quella a favore della fondazione Veronesi da parte della griffe Sarabanda.

Stile etico il trend dominante a Pitti bimbo 2016. immagine da La Stampa del 25/1/2016 clicca qui o sulla foto per l’articolo completo
L’attenzione per l’ambiente sembra trionfare, con una moda eco-etica fatta di prodotti naturali dedicati alla salute dei più piccoli e a preservare l’ambiente che rappresenta il loro futuro. Ed allora ecco apparire giochi che tutelano sia la salute dei bambini che l’ambiente, orsacchiotti in materiale biologico, biberon antibatterici e quant’altro possa offrire l’innovazione tecnologica in chiave eco-sostenibile alla moda.
A vedere tutta questa attenzione e questa sensibilità sembra proprio che qualcosa stia cambiando, se perfino il settore della cosmética, della moda in una parola, dell’apparire per eccellenza , ha deciso di prestare così tanta attenzione “all’essere”, cioè ai valori,
Certo viene da domandarsi quanto di questa sensibilità rispecchi un’autentica scelta etica e quanto divenga invece un abito da indossare, un trend da seguire se non addirittura da cavalcare, cercando di ricavarne, per l’ennesima vota, il massimo profitto.
Sicuramente nell’era dei social networks e della comunicazione orizzontale, in cui il citizen consumers ha gli strumenti per far valere il suo potere di acquisto nei confronti delle aziende, le dinamiche sono mutate.
Il consumo non si limita più ad un semplice gesto di acquisto, presuppone ed esprime piuttosto la fiducia che il compratore ha in chi vende. Una fiducia però condizionata, messa continuamente alla prova da un atteggiamento da parte del consumatore responsabile, più informato, maggiormente consapevole che in passato.
Ciò richiede la capacità da parte dell’azienda, di elaborare modelli di business realmente capaci di costruire e mantenere la propria credibilità, o per usare un termine in voga, la propria reputazione. E’ questo il vero indicatore in grado di misurare il grado di fiducia che collaboratori e pubblico nutrono verso l’azienda.
Allora ben venga la grande attenzione e la nuova sensibilità che sembra aver raggiunto settori di mercato ad un primo sguardo così lontani, come quello della moda e della bellezza. Nella odierna civiltà dell’apparire, dove conta più essere visti che saper vedere, potrebbe essere un grande motore di cambiamento sociale, purché non si trasformi solo in una moda, priva cioè di contenuti autentici.
Occorre a mio avviso infatti non dimenticare che, perchè si possa realmente parlare di un’etica nel business è necessario che i valori siano scoperti e riscoperti del continuo, all’interno della struttura aziendale.
Solo così infatti saranno in grado di stimolare lo sviluppo dell’azienda in modo sano, migliorandola cioè rispetto al passato. Non si tratta quindi di un abito da indossare, o di un codice etico da rispettare.
L’etica è un valore fatto di valori, basato sulla volontà di creare un business sostenibile, di offrire soluzioni a problemi delle persone, piuttosto che proddotti a consumatori. In questo senso allora si, la bellezza, la sensibilità la ricerca del bello possono davvero cambiare il mondo, a partire da ora, iniziando proprio da noi.