
Innovazione Tecnologica e Citizen Consumer, articolo pubblicato su Reputation Today n.8 scaricabile a questo link
“Carneade chi era costui?” il dubbio manzoniano che attanaglia Don Abbondio, credo rappresenti bene lo smarrimento di certi imprenditori e manager di fronte alla nuova figura del “consumatore attivo” o Citizen consumer.
Questa nuovo soggetto economico è diventato, in breve tempo, il protagonista del cambiamento sociale di cui siamo spettatori, il cui motore però risiede nell’innovazione tecnologica.[1] La possibilità di una comunicazione orizzontale, offerta dalla nascita dei Social Media, unitamente alla maggiore consapevolezza del consumatore, hanno dato vita cioè a uno scenario del tutto nuovo.
A fronte di questo cambiamento, spesso imprese e istituzioni faticano a riconoscere la centralità del consumatore, ostinandosi a perseguire strategie orientate alla vendita, supportandole con le tradizionali azioni pubblicitarie,.[2] piuttosto di affidarsi alla vendita etica ed al marketing relazionale.
Una logica superata dalla necessità delle aziende costrette a rivedere i propri modelli di business, per fare i conti con le nuove sfide poste dal web 2.0 e con la sua interattività. Basti pensare a quanto si differenziano le modalità di acquisto e di vendita “on” e “off line”,[3] oppure alla crescente percentuale di acquisti effettuata tramite mobile, per rendersi conto della portata del cambiamento richiesto.
L’innovazione tecnologica dunque ha aperto nuove prospettive, grazie alla logica dell’interattività e all’avvento dei Social Media, attraverso cui il rapporto fra aziende e consumatori è stato ridefinito in modo radicale. Si tratta non più di comunicazione “one to many”, cioè dall’azienda al pubblico, ma di una comunicazione “many to many.
Attraverso la rete dei Social, nasce il “passaparola” fra i consumatori, o per usare un termine in voga “Buzz marketing”, determinando il valore e la qualità del prodotto o del servizio e l’equità del prezzo. Dal modello di comunicazione verticale si è passati così a quello orizzontale, in cui non è più l’azienda a controllare il contenuto del messaggio,[4] col conseguente spostamento degli equilibri nella gestione del processo di vendita.
Inoltre, se fino a ieri il consumatore si riconosceva nel ruolo di “soggetto spendente”, fondamentalmente passivo rispetto all’offerta, dopo il 2007 si assiste a un deciso cambiamento di tendenza, la cui responsabilità non è ascrivibile unicamente all’innovazione tecnologica. Con la crisi la ridotta capacità economica e l’incertezza del futuro, hanno fatto emergere nel consumatore il bisogno di maggiore informazione, necessaria per compiere acquisti più razionali, non più frutto delle spinte emozionali stimolate dalla pubblicità.
L’ innovazione tecnologica, e la mobile revolution hanno incentivato le modalità di acquisto on line, e la comunicazione personale, rendendo Social Media e canali distributivi diretti alleati strategici del “consumatore attivo”.[5] Una dinamica ancora più evidente nel mercato italiano, a causa delle sue intrinseche caratteristiche.
Pubblicità e credibilità sui social media. Il caso Italia.
In un contesto come quello italiano, dove il terziario costituisce la fetta più grande del mercato, l’andamento di due variabili, fra loro strettamente connesse, risulta particolarmente significativo. Pubblicità e credibilità, sono fattori che una volta associati riescono a influenzare significativamente la vendita dei servizi. Questi infatti, essendo per natura intangibili, non possono essere verificati, se non attraverso la loro erogazione, quindi dopo essere stati acquistati in base alla loro credibilità.
Acquistare un servizio, senza averlo potuto provare prima, implica un gesto di fiducia da parte del consumatore e credibilità da parte del brand che si fa scegliere. Una dinamica che giustifica l’attenzione esasperata per la marca che caratterizza il nostro mercato, formato in prevalenza proprio da servizi, che in questo modo risultano qualitativamente “garantiti” dall’autorevolezza del marchio, veicolata attraverso la pubblicità.
O almeno così è stato fino a ieri, quando il principale strumento di informazione, attraverso cui era nutrita la fiducia dei consumatori, era proprio la pubblicità. Per generazioni la televisione ci ha garantito che “quel” detersivo lavava così bianco “che più bianco non si può”, che “Du’ gust is meglio che uan” e “Chi mangia sano trova la natura”, tanto per fare alcuni esempi che tutti potremmo ricordare.
Oggi il “consumatore attivo” ha scoperto un’alternativa alla pubblicità, un’informazione non mediata e gestita dall’azienda, perciò più credibile, i Social Network. Come tutti ben sappiamo si tratta di servizi on line che consentono a più individui di connettersi ed interagire scambiandosi contenuti digitali. Ad esempio immagini, video o articoli. A partire dal 2007 questi servizi hanno conosciuto una crescita esponenziale in Italia, determinando il successo dei Social Media, (cioè l’insieme di social network, piattaforme di blogging, quelle di condivisione video e foto, siti informativi come Wikipedia etc.).[6]
Ciò che ha reso i Social Network dirompenti, rispetto al vecchio modello enterprise di comunicazione, è la possibilità di creare e scambiare contenuti direttamente fra gli iscritti. Si tratta in altre parole di libera condivisione di conoscenza e informazioni, fra utenti/consumatori, senza alcuna mediazione.
In termini sociologici potremmo dire che i Social Media consentono a milioni di persone la creazione di significati condivisi, grazie alla collaborazione paritaria di massa.[7] Di fronte a un simile fenomeno, che coinvolge sia la vita privata che la cultura e la ricerca, fino ad arrivare al business, non è esagerato parlare di un mutamento epocale, che ha dato vita alla società dell’informazione.
Si tratta di numeri importanti, se consideriamo che in Italia, nonostante il digital divide, tra novembre e dicembre del 2015 si contavano 28 milioni di utenti attivi su Facebook e 27 milioni su YouTube a cui si aggiungono 8 milioni su Twitter e altri 7 milioni su Linkedin.[8] Una massa di individui a cui basta disporre di una connessione DSL per creare contenuti e metterli on line, a prescindere da capacità tecniche, cultura, età o professione.
Per quanto riguarda i contenuti, oltre alla creazione, anche la catalogazione avviene in base a criteri determinati dagli utenti, cioè in base alla loro scelte (folksonomia). Infine chiunque può interagire con i contenuti creati, commentandoli, attribuendogli un voto (il famoso “Like”) o mettendo on line altri contenuti in risposta.[9]
Le chiavi di questo processo sono tre: interazione, condivisione e partecipazione. Tramite queste il consumatore attivo non ha più bisogno della pubblicità per farsi un’idea sul servizio o sul prodotto da acquistare. Gli basta andare on line per attingere direttamente alle opinioni di chi ha già usufruito di quel servizio o comprato quel prodotto, per sapere se corrisponde alle sue aspettative.
In questo contesto tipicamente italiano, lo sviluppo del marketing relazionale, o per usare la definizione adottata da Sergio Cherubini il “marketing mediterraneo”[10] è stato l’inevitabile sviluppo. Si tratta di una visione in cui si fondono sia le nuove potenzialità della rete sia quelle messe a disposizione dai contatti umani, per superare il vecchio orientamento alla vendita.
Il focus ora è incentrato su una comunicazione che non punti a vendere (la vecchia selling communication), ma a informare e condividere contenuti utili.[11]
Il marketing relazionale come risposta alle aspettative
Abbiamo visto fin qui come il ruolo attivo del Citizen consumer sia l’elemento distintivo della relazione fra azienda e clienti, nell’attuale contesto di mercato. Il consumatore vuole essere co-protagonista della propria esperienza di consumo, influenzando tramite le proprie scelte, (ergo usando il potere di acquisto), i produttori.
Le maggiori opportunità di informazione e di conoscenza, offerte dall’innovazione tecnologica, hanno aumentato la competenza del cliente e le sue aspettative.[12] Le aziende, per riuscire a formulare risposte coerenti e ottimizzare le risorse, sono chiamate a proporre soluzioni capaci di soddisfare queste sempre più elevate e complesse esigenze.
Proseguendo in questa direzione, appare chiaro che per elaborare strategie competitive occorre abbandonare le tradizionali furbizie, legate al raggiungimento di “obiettivi di fatturato” che spesso non tengono conto delle più elevate aspettative del Citizen consumer.[13] Si tratta di adottare una visione sostenibile nel lungo periodo, basata sulla soddisfazione di tutti gli stakeolder, azienda e consumatori.[14]
È un obiettivo che richiede una profonda conoscenza del cliente, raggiungibile con l’ausilio del marketing relazionale. Attraverso la creazione di relazioni durature e stabili, è possibile coinvolgere il cliente nello studio e nella progettazione delle nuove soluzioni, ottenendo i migliori risultati, evitando la dispersione di risorse.
Si tratta di favorire l’Engagement con cui fidelizzare i clienti acquisiti, grazie alla massima attenzione prestata ai loro bisogni. Questi, a seguito della maggiore consapevolezza derivante dalle nuove risorse offerte dal web 2.0, hanno esigenze più complesse. Perciò è indispensabile una profonda interazione col cliente, che lo renda partecipe anche della progettazione delle soluzioni, in modo da renderle il più possibile aderenti alle sue elevate aspettative di acquisto.[15]
Gli strumenti tecnologici hanno reso possibile questo tipo di interazione profonda. Tuttavia, se la tecnologia è lo strumento per instaurare la relazione, sono i contenuti a rappresentarne il valore. Perché si crei un autentico duraturo rapporto con il cliente, l’azienda è chiamata a identificare e soddisfare bisogni reali, offrendo soluzioni capaci di soddisfare esigenze reali.
In definitiva, la maggiore consapevolezza del consumatore attivo, unitamente alle nuove modalità di comunicazione della società dell’informazione, rendono indispensabili nuovi modelli di business. Scopo della comunicazione non potrà più essere la creazione di bisogni, da soddisfare attraverso la commercializzazione di prodotti. Piuttosto, attraverso il marketing relazionale, si identificheranno le reali esigenze del cliente, in modo da poter fornire risposte adeguate.
In questo presupposto è racchiusa l’etica della relazione. Nella società interattiva del web 2.0, l’etica rappresenta lo strumento per creare valore nel tempo, dando vita a soluzioni capaci di rispondere realmente ai bisogni del cittadino consumatore e allo stesso tempo generare utili per l’azienda, coniugando etica e profitto.
Note
[1] Cfr. Davide Arcidiacono, Consumatori attivi. Scelte di acquisto e partecipazione per una nuova etica economica, FrancoAngeli, Milano 2013, p. 120.
[2] Cfr. Sergio Cherubini, Simonetta Pattuglia, Social media marketing. Consumatori, imprese, relazioni, FrancoAngeli, Milano 2012.
[3] Alessandro Prunesti, Enterprise 2.0. Modelli organizzativi e gestione dei social media per l’innovazione in azienda, FrancoAngeli, Milano 2010, p.27.
[4] Cherubini, op. cit. p. 2.
[5] Cfr. Cherubini, op. cit. 2.
[6] Cfr. Prunesti, Enterprise 2.0. op. cit., pp. 16-17.
[7] Ivi p. 19.
[8] Fonte VincosBlog e YouTube
[9] Ivi p. 20.
[10] Cfr. Cherubini, Social media marketing, op. cit., p. 8.
[11] Ivi p. 9.
[12] Cfr. Coimbatore Krishnarao Prahalad, Venkat Ramaswamy, Co-opting customer competence, «Harvard Business Review» 2000, vol.78, January-February; Id, The future of competition, Harvard Business School Press, Boston 2004.
[13] Cherubini, Social media marketing, op. cit., p. 10.
[14] Ibidem.
[15] Giancarlo Ferrero, Elisabetta Savelli, La dinamica del rapporto User/Producer nell’innovazione di prodotto: analisi teoriche ed evidenze empiriche, Atti del Congresso Internazionale “Le tendenze del Marketing”, Venezia, 20-21 gennaio 2006.
Bibliografia
- ARCIDIACONO DAVIDE, Consumatori attivi. Scelte di acquisto e partecipazione per una nuova etica economica, FrancoAngeli, Milano 2013.
- CHERUBINI SERGIO, Simonetta Pattuglia, Social media marketing. Consumatori, imprese, relazioni, FrancoAngeli, Milano 2012.
- FERRERO GIANCARLO, ELISABETTA SAVELLI, La dinamica del rapporto User/Producer nell’innovazione di prodotto: analisi teoriche ed evidenze empiriche, Atti del Congresso Internazionale “Le tendenze del Marketing”, Venezia, 20-21 gennaio 2006.
- O’REILLY TIM, What Is Web 2.0: Design Patterns and Business Models for the Next Generation of Software, «Communications & Strategies», 2007, n. 65, pp. 17-37.
- PEW RESEARCH CENTER, Report 2015.
- PIRANI BIANCA MARIA, Oltre la pelle. Il confine tra corpi e tecnologie negli spazi delle nuove «mobilità», FrancoAngeli, Milano 2013.
- PRAHALAD COIMBATORE KRISHNARAO, VENKAT RAMASWAMY, Co-opting customer competence, «Harvard Business Review» 2000, 78, January-February.
- Id, The future of competition, Harvard Business School Press, Boston 2004.
- YOU TUBE, statistiche Italia, on line all’indirizzo: https://www.youtube.com/yt/press/it/statistics.html
- PRUNESTI ALESSANDRO, Enterprise 2.0. Modelli organizzativi e gestione dei social media per l’innovazione in azienda, FrancoAngeli, Milano 2010.
- RUTIGLIANO PATRIZIA, Nuovi Scenari e Mobile in SERGIO CHERUBINI, SIMONETTA PATTUGLIA, Mobile marketing & communication. Consumatori Imprese Relazioni, FrancoAngeli, Milano 2013, pp. 17-20.
- SCHOOL OF MANAGEMENT DEL POLITECNICO DI MILANO, Report dell’Osservatorio Mobile Marketing e Service 2015.
- VINCOSBLOG on line all’indirizzo http://www.vincos.it