
Articolo da Reputation Today n. 10 – settembre 2016 – link qui
Negli ultimi 100 anni l’Italia ha subito quattordici terremoti, compreso il sisma che ha devastato Amatrice e le zone limitrofe lo scorso 24 agosto. Ogni volta si è ripetuto il tragico rituale della conta delle vittime e dei danni di una devastazione che ha toccato case, scuole, chiese, esercizi commerciali ma soprattutto vite umane. Centinaia di vite spezzate, vittime del terremoto ma spesso di un tragico, inammissibile stato di cose che si ripete di volta in volta, di tragedia in tragedia.
Scorrendo la lista dei maggiori terremoti che hanno colpito l’Italia a partire di primi del ‘900, secondo una lista elaborata da Thomson e Reuters 2016 (si veda box) , si legge un triste elenco di vittime e catastrofi che spesso potevano essere evitate.
Con l’ultimo sisma che ha colpito lo scorso 24 agosto Lazio e Marche si aggiungono ulteriori 300 vittime all’elenco. Ancora una volta ci ritroviamo impietriti di fronte ad una simile straziante devastazione.
Tutto il popolo italiano si è stretto, con sincera partecipazione, attorno alla popolazione colpita dal terremoto, abbracciando idealmente i sopravvissuti che hanno perso tutto in pochi secondi. Dagli affetti più cari e insostituibili, alla casa, i sacrifici di una vita.Ancora una volta è stato il momento del lutto. Abbiamo assistito in silenzio al dolore di tutte quelle famiglie scioccate dall’accaduto, mentre piangevano i loro cari. Li abbiamo osservati mentre, con uno straordinario coraggio, tentavano di ripensare al futuro, a una possibile ricostruzione del loro territorio.
Ma il giorno dopo, quando abbiamo iniziato a elaborare quel lutto, nelle nostre menti ancora una volta sono affiorate le medesime domande: forse questa tragedia era “prevedibile”, visto che il nostro territorio, come ben sappiamo, è continuamente sollecitato da costanti assestamenti sismici?
Perché alcuni edifici hanno retto alla violenza della scossa e altri, fra cui scuole e ospedali appena ristrutturati, sono crollati su se stessi? Si potevano mettere in sicurezza le costruzioni più a rischio di crollo, adottando i moderni criteri antisismici? Perché in un territorio sismico come il nostro. si è preferito apportare dei “miglioramenti” (cemento scadente e sabbia!) anziché effettuare gli adeguamenti strutturali?
La coscienza collettiva sembrerebbe dire basta a questo sfacelo perché l’uomo istintivamente sa rispondere in modo preciso a questi interrogativi. Sul piano politico anche il nostro governo chiede la necessaria trasparenza nei piani di ricostruzione, per evitare che la doverosa ricostruzione ancora una volta si trasformi in malaffare.
Siamo tutti ben consapevoli che occorre cambiare rotta. Siamo tutti concordi nell’indicare onestà, trasparenza e le necessarie leggi per garantirle. Del resto lo facciamo ogni volta che si verifica una catastrofe simile.
Però se siamo tutti d’accordo perché le cose non cambiano e ogni volta ci ritroviamo a sentire, sperare e dire le stesse cose? Forse perché, paradossalmente, il problema è proprio questo: “fatta la legge trovato l’inganno!” Ad esempio si è scoperta la necessità di impedire, con un’apposita norma, la gara al ribasso negli appalti per la ricostruzione. In passato infatti questo meccanismo aveva favorito l’aggiudicazione dell’appalto da parte di aziende di dubbia onestà, per non dire addirittura colluse con attività di riciclaggio delle mafie.
Il meccanismo avrebbe dovuto garantire il migliore impiego, al prezzo più equo, del danaro pubblico. Nei fatti la mancanza di un’etica di fondo, consente anche ai migliori principi di crollare miseramente davanti ai nostri occhi.
La gara al ribasso si è trasformata così nello strumento per società colluse di aggiudicarsi gli appalti. Semplificando all’estremo, il mancato rispetto delle norme, l’utilizzo di materiali scadenti e altri accorgimenti illegali gli hanno consentito “risparmi” impensabili per società oneste.
Il fenomeno geofisico diventa così il tragico specchio di quel terremoto morale che da anni scuote l’Italia e sembra non trovare mai la sua fine. Ogni giorno piccoli e grandi scandali, locali, regionali e personali rappresentano le scosse di assestamento di questo sisma infinito dal quale il Paese sembra non trovare via d’uscita.
Un’alternativa potrebbe essere la CSR, a patto che non resti una dichiarazione d’intenti ma divenga un’autentica scelta di valori. Principi condivisi a livello manageriale, prima ancora che societario, perché sono gli uomini che formano e dirigono le aziende a compiere le scelte, in base alla loro etica.

CSR – Responsabilità Sociale di Impresa
A qualcuno potrà apparire retorico chiedersi a quale principio di responsabilità sociale si è ispirata una delle tante aziende, che ha costruito al risparmio una delle tante scuole, crollate in uno dei tanti terremoti, che ci hanno duramente colpito.
Proviamo allora a pensare se in una di quelle strutture ci fosse stato uno dei nostri figli, fratelli o nipoti. Fermiamoci a ricordare che sotto le macerie di quelle scuole ci sono finiti comunque bambini innocenti. A quel punto la retorica sarà scomparsa, lasciando il posto sia all’autentico significato dell’etica sia alla necessità di aziende che operino in armonia con i principi della CSR, di conseguenza nel rispetto delle necessarie leggi.
Diversamente continueremo a domandarci la ragione per cui la storia continua a ripetersi. Occorre prendere atto che invocare leggi per trasgredirle, aggirarle, eluderle o ignorarle quando ci fa comodo, non risolve il problema.
Occorrono norme interiori ben più forti delle sanzioni giuridiche che, richiamando la coscienza individuale, piuttosto del timore di una sanzione, consentano di fare ciò che è giusto.
Oggi si discute su quali siano i parametri e le regole utili a garantire la sicurezza delle costruzioni nelle zone sismiche. Generalizzando significa stabilire in che modo essere certi che le aziende incaricate operino onestamente e per il meglio.
Si tratta di un’esigenza che non riguarda solo l’edilizia, in questo senso il terremoto rappresenta la “cartina tornasole” di un modo di concepire il lavoro più o meno onesto e trasparente. Un vecchio detto dice “l’occasione fa l’uomo ladro”, un detto ancora più antico recita “non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te”.
Chissà se qualcuno dei costruttori di quelle case, scuole, ospedali crollati, avrebbe abitato, mandato a scuola un figlio o curato un parente in una delle strutture che ha costruito in quelle zone a rischio…
La società si trasforma solo se cambia la coscienza degli individui. Tutto ruota intorno alle decisioni che ognuno di noi intende adottare nel proprio centimetro quadrato di esistenza. Gli stessi parametri infatti guideranno le scelte, nella nostra attività professionale o di impresa, quando si tratterà di decidere se massimizzare il profitto o privilegiare la responsabilità sociale.
Scegliere la seconda opzione potrebbe scatenare un terremoto in grado, questa volta, di far crollare loschi equilibri e propagare le onde d’urto di un nuovo benessere per tutti, non più basato sulla ricerca spasmodica del profitto, ma di un equilibrio profondo fra gli uomini e tra uomo e ambiente.
Infine, “last but not least” potremmo perfino scoprire che Etica, CSR e profitto si coniugano brillantemente, in deroga al pregiudizio secondo cui “essere troppo onesti non paga”. Una nuova base su cui poter costruire un futuro a prova di qualsiasi terremoto fisco, etico o economico.
A prima vista può apparire una prospettiva utopistica. L’alternativa al sogno tuttavia rischia di essere un incubo, che si concretizza per le aziende nelle difficoltà di un mercato privo di regole certe, in cui non vincono la qualità, l’innovazione e l’impegno.
Continuando nella direzione attuale infatti saranno favorite le aziende che non investono affatto piuttosto giocano disonestamente al ribasso, perché non attente alla qualità e alla sicurezza, oltre che non rispettose delle leggi.
Detto in altre termini, forse rispetto alla fiducia nel valore dell’etica è più illusorio credere che bastano norme e controlli, per evitare di vedere altre case crollare al prossimo terremoto. In mancanza di una reale volontà di costruire, rispettando i necessari canoni di sicurezza, cioè in assenza di un comportamento etico, nessuna norma da sola basterà ad evitare il peggio.
Dunque scegliere di adottare buone pratiche nel settore dell’edilizia, è il punto di partenza per ampliare la riflessione, chiedendoci se non sia opportuno adottare lo stesso principio anche in altre aree di business.
Relegare queste considerazioni nel campo dell’utopia infatti significherebbe accettare di rimanere ancora una volta schiacciati dal terremoto delle nostre coscienze e da un modus operandi che premia non il migliore ma il più “furbo” e disonesto. Allo stesso tempo, continuare a perseguire un modello di business privo di CSR sarebbe FALLIMENTARE, perché destinato a distruggere sia l’ambiente sia il tessuto sociale.
Ricostruire l’etica richiede, in primo luogo, l’abbattimento dei modelli esistenti e il coraggio di perseguire ideali come il benessere collettivo, piuttosto dell’esclusivo profitto aziendale. Anche questo sarà un terremoto in grado di provocare vittime, di cui tuttavia nessuno sentirà la mancanza: i nostri pregiudizi riguardo all’etica nel business e il modo di concepire il business senza CSR